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Presepe |
Siamo
nel periodo natalizio e i preparativi fervono in tutte le case e anche nella
mia non si fa eccezione. Dopo aver allestito il presepe e l’albero di Natale ci
siamo dedicati ai dolci natalizi tipici della terra pugliese. Non c’è Natale
senza aver come fine pasto un ricco piatto di “Cartellate”. Sono talmente note e buone che è naturale trovarle
sulle nostre tavole nel giorno più festoso dell’anno.
Come
molte usanze di questa terra anche questa ha un’origine antichissima.
Come
per la maggior parte delle ricette storiche la loro origine si perde nelle
pieghe della storia. Così è stato per le cartellate: si narra che, quando nel
VIII secolo a.C. i primi greci lasciarono
la loro terra natale per altre sponde, non portarono “solo” la loro civiltà, i
loro filosofi e tutto ciò che ci
tramandano i libri di storia, ma anche le loro tradizioni gastronomiche. Queste
si sono radicate nei luoghi in cui approdarono
diventando parte integrante della cultura
autoctona. Nel particolare, si sono arricchite dei prodotti locali ottenendo
così un dolce con profumi di spezie orientaleggianti e un sapore deciso di olio
d’oliva tipico delle nostre terre pugliesi: le “Carteddate”, appunto .
Non
solo sono un ponte tra diverse nazioni, ma anche tra culture completamente
divergenti. Le cartellate infatti hanno visto il passaggio dal paganesimo alla
cristianità. Durante il paganesimo esse venivano offete alla Dea Demetra come
doni propiziatori per un buon raccolto delle messi; la loro forma rappresentava
un piccolo cesto, tipico simbolo della società contadina; poi, con l’avvento
del cristianesimo, le cartellate si trasformarono in offerte per la Madonna e
per il Bambin Gesù, rappresentando delle piccole coroncine o le candide fasce
che avvolgono il Bambinello. È appunto questo richiamo che le rende il dolce
simbolo della Natività.
Un aneddoto interessante ci aiuta a
comprendere quanto questi dolci fossero apprezzati anche in passato. Secondo
una cronaca del 1517, al banchetto per il matrimonio tra Bona Sforza, figlia di
Isabella d’Aragona, e Sigismondo Lagellone, re di Polonia, furono servite
proprio le nostre cartellate, che erano ritenute talmente prelibate da essere
considerate quasi parte della dote della principessa italiana.
Le cartellate erano dunque un dolce prezioso,
da nobili. Il popolo tuttavia non era escluso dal godere, almeno in parte, di
questa delizia. Dopo aver preparato le cartellate destinate alle tavole dei
signori, i cuochi di corte solevano preparare con i ritagli di pasta avanzati un
altro tipo di dolce da offrire ai poveri: i porcedduzzi
e i denti di san Giuseppe. Questi
si ottengono rimpastando i pezzi di pasta in piccoli filoncini, poi tagliati in
gnocchetti da friggere in olio d’oliva. La differenza tra porcedduzzi e denti
di san Giuseppe è data dalle dimensioni e dalla ruvidità della superficie: i
primi sono grossi come mandorle e resi ruvidi passandoli sul retro della
grattuggia del cacio, i secondi invece sono la metà e lisci. Entrambe le
varietà vengono poi passate nel miele caldo e decorate con le codette di
zucchero.
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Cartellate al miele con mandorle |