giovedì 30 gennaio 2014

La pasta secca - Prima parte: produzione ed etichetta -




Una simpatica e fantasiosa interpretazione con la pasta secca. Foto di  Alessio Barulli 

Quasi ogni giorno è presente in tavola un piatto fumante di pasta: spaghetti, penne, rigatoni o farfalle; l'importante è poter assaporare questa nostra deliziosa abitudine. Detto questo, per me parlare di pasta è come parlare di un argomento scontato;  mi rendo conto,  però,  che non per tutti è così scontato saper preparare un buon piatto di pasta, con la  giusta cottura e soprattutto saper scegliere la pasta migliore.


lunedì 20 gennaio 2014

Orecchiette e cime di rapa.

Raperonzolo disegno di FRA XD


Nella mia immaginazione di bambina le rape, le cime di rapa e ogni altro prodotto di questa specie erano la stessa cosa.
Mia madre, per coccolarci o solo per farci trascorrere più serenamente alcune ore, amava raccontarci le favole. Quando ci raccontava la favola di Raperonzolo dei fratelli Grimm, io mi rabbuiavo, perché non capivo come si potesse amare così tanto una rapa da accettare, per averla, di poter effettuare  uno scambio così importante: rape a volontà a condizione di cedere il proprio primogenito. Potenza delle fiabe.



Cima di rapa da riplulire
Sono trascorsi gli anni e ho imparato a conoscere le varie differenze tra:
- rape: il classico tubero;  
- raperonzolo: pianta erbacea spontanea, il cui nome deriva dal latino e
  significa piccola campana, proprio perché il suo fiore blu o lilla ha la forma di   una campanella;
- cime di rapa: pianta annuale di cui si consumano le infiorescenze e le foglie più tenere.

Detto questo torniamo alle cime di rapa.
Purtroppo è ormai inevitabile: quando inizia la stagione delle rape mi torna in mente la filastrocca che mi canticchiava mia madre, ed io mentre le preparo canticchio a mia volta:
-"Raperonzolo, Raperonzolo, butta giù il tuo codonzolo";  la strega veloce afferrava la lunga treccia, vi si issava,  arrivava alla finestrella ed entrava da Raperonzolo.
- Un bel strano modo il mio di approcciarsi a preparare una ricetta. -  
Le cime di rapa sono entrate nella mia vita quando ero già adulta, questo è sempre stato un cibo non usuale nella mia famiglia di origine; noi, lombardi da generazioni, non eravamo avvezzi al loro consumo: troppo lontani i gusti e le abitudini. È stato il mio inserimento nella cultura pugliese che mi ha avviata al consumo di questa pianta.
Perché ne avevo sentito parlare così poco fino a quel momento? Presto detto; la Puglia è una delle poche regioni, con il Lazio e la Campania, che ne producono abbondantemente; perlomeno fino a quando la grande distribuzione non ne ha permesso la conoscenza e diffusione. 
Anche il gusto non è tra i più semplici:  piace o non piace; è un sapore piccantino e allo stesso tempo amarognolo che le definisce immediatamente.
A proposito del loro sapore, c'è un consiglio contadino che invita a consumare le cime di rapa dopo la prima gelata, perché solo allora diventano più dolci e più tenere. È bene tenere sempre conto dei detti popolari, hanno sempre una loro valenza.


mercoledì 15 gennaio 2014

3000 visualizzazioni

              Grande traguardo, il blog ha raggiunto e superato le 

                       3.000 visualizzazioni.

È grazie a tutti voi se tutto questo è stato possibile, visualizzando i miei scritti non solo dall'Italia ma anche da altre nazioni, vicine e lontane.

Quando, qualche mese fa, ho iniziato a scrivere mai avrei immaginato che questo potesse accadere.

Vorrei poter ringraziare, uno per uno, tutti voi che lo avete reso possibile.
Per ora  grazie a tutti   e spero di poter fare al più presto la vostra conoscenza.

Un affettuoso abbraccio.


Stefania

Tanks, Gracias, Dank, Cпасибо, Merci,  Dzięki, Falënderim, Xвала, 謝謝,Grazie.

Alla prossima
Ciao

giovedì 9 gennaio 2014

Castagne al rum

«Quindici uomini sulla cassa del morto. E una bottiglia di rum!»
Ricordate questo verso? Lo cantava il vecchio pirata John Silver nell'Isola del Tesoro di Stivenson. I pirati, a quei tempi, di rum se ne intendevano; non c'era bucaniere in tutti i sette mari che non trincasse come una spugna!
Al giorno d'oggi i pirati che abbiamo conosciuto nei libri di avventure non ci sono più; per fortuna, però, abbiamo ancora il rum: un distillato eccellente, che in cucina si presta a centinaia di usi diversi e golosi.
Mentre scrivevo questo post confesso di aver avuto un dubbio: ma come si scrive la parola rum? Una breve ricerca e l'arcano è stato svelato: rum in italiano e inglese, rhum nei paesi francofoni e ron nei paesi di lingua spagnola.
Ora che le questioni ortografiche sono risolte, occupiamoci della sostanza del nostro liquore. Da che cosa si ricava il rum? Forse non tutti sanno che il rum si ottiene dalla canna da zucchero, o meglio, da uno scarto della sua lavorazione: la melassa. Dopo aver raccolto la canna da zucchero, essa viene macinata per produrre lo zucchero.  Da questa lavorazione si ottiene la melassa, un liquido denso e vischioso, simile al miele, ma molto più scuro. La melassa viene poi fatta fermentare e, successivamente, distillare. Si ottiene così il rum, che noi useremo per questa ricetta.
La ricetta che vi propongo è quella delle castagne al rum, un fantastico prodotto ottimo per corroborare il fine pasto.
Le castagne al rum sono una vera delizia e il metodo per prepararle me l'ha insegnato un mia cara amica, Maria Luisa di Merano, durante una vacanza in questa meravigliosa città. Ho un ricordo davvero molto bello di quei luoghi, ricordi che questa ricetta fa riaffiorare alla mia memoria.

Castagne al rum

martedì 7 gennaio 2014

Colino da tè




Teiera con colino da tè


Capita che un oggetto di uso frequente si deteriori, a volte in modo irrimediabile, a volte invece sono piccole parti estetiche che risentono del lungo lavoro. Quando la parte utile al servizio è perfettamente funzionante è un peccato doverlo buttare. Questo è quanto è accaduto al mio colino da tè; la parte decorativa in legno si è crepata a causa dell’umidità e dei numerosi lavaggi, fino ad aprirsi in due. La catenella così disadorna era ormai inutile, non riusciva a compiere più il suo lavoro, anzi spesso era di intralcio senza il contrappeso che la teneva fuori dalla teiera.  
Ho pensato che era ora di porvi rimedio e di fare qualcosa che potesse sostituire il vecchio pendente. Ecco cosa ho prodotto. Ha decisamente cambiato aspetto, ma è tornato utilissimo come prima.


Colino da tè con nuovo pendente


Ho inserito una perla in resina in un intreccio di fili di rame rivestito d’argento e l’ho applicato al gancio della catenella.



Tè e pasticcino

Posso offrire un tè?


 Alla prossima
Ciao



domenica 5 gennaio 2014

La Befana vien di notte con le calze dolci


Befana sulla scopa e calze in pasta frolla
     
  Quando è passato il giorno di Capodanno ed anche l’ultimo grande pranzo festivo è stato consumato, per molte persone l’atmosfera di Natale è ormai svanita. Chi vive lontano dalla propria famiglia riparte per tornare al luogo di lavoro e luci e addobbi tornano in uno scatolone, dimenticati fino al Natale successivo. Per me invece, proprio dopo Capodanno, incomincia l’attesa per quella che considero la notte più misteriosa e lieta delle festività: la notte della Befana.
        Ricordo quando, da bambina, aspettavo piena di trepidazione e speranza la cara vecchina che, con la sua scopa volante, mi avrebbe portato i dolci o il giocattolo tanto desiderato; e ricordo anche il timore di ritrovarmi la calza piena di carbone, per qualche marachella per cui mi rimordeva ancora la coscienza. Quando penso a quei tempi passati e a quell’emozione vorrei davvero ritornare bimba, per incollare ancora il naso al vetro gelato della finestra, nella speranza di scorgere nel cielo buio la sagoma amica della Befana.


Lanterna della Befana senza coperchio 

        Ma purtroppo il tempo passa per tutti e non si può essere bambini per sempre. Tuttavia, una volta divenuta una mamma, ho fatto di tutto perché anche i miei figli potessero conoscere quella stessa magia in cui io, da bimba, ero stata cullata. A sera, il cinque gennaio, preparavamo le calze in bella schiera sotto l’albero, con vicino qualche dolcetto per la Befana («Ma non troppi», mi raccomandavo con i miei figli, «altrimenti alla Befana viene il mal di pancia.») e un piccolo bigliettino di ringraziamento. Poi ci dedicavamo a quella che negli anni è diventata una piccola tradizione di famiglia: prendevamo una grossa arancia e, dopo averla svuotata della polpa, ne intagliavamo la buccia, così da ricavare una piccola lanterna in cui mettere una candela. Era questa la “lanterna della Befana”, che sistemavamo poi, pieni di speranza, dietro una finestra: in questo modo, dicevamo, la Befana l’avrebbe vista luccicare nella notte e si sarebbe fermata da noi per lasciarci i suoi doni.


La lanterna della befana fatta con una grossa arancia intagliata. All'interno una candelina 

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